Correzione Filiale al Papa

ECCO LA “CORREZIONE FILIALE” AL PAPA. I SETTE PUNTI DI SOSPETTA ERESIA DI AMORIS LAETITIA.

MARCO TOSATTI
Beatissimo Padre, con profondo dolore, ma mossi dalla fedeltà a Nostro Signore Gesù Cristo, dall’amore alla Chiesa e al papato, e dalla devozione filiale verso di Lei, siamo costretti a rivolgerLe una correzione a causa della propagazione di alcune eresie sviluppatesi per mezzo dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia e mediante altre parole, atti e omissioni di Vostra Santità”. Così comincia un lungo documento firmato – per ora, ma chiunque desideri sottoscriverlo può farlo – da 62 studiosi e specialisti, laici e religiosi, per chiedere al Pontefice di rimediare alle conseguenze nefaste dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia. La lettera è stata consegnata a papa Francesco l’11 agosto scorso a casa Santa Marta, in Vaticano; e ora viene resa pubblica. Dopo la consegna è stata firmata anche da Bernard Fellay, responsabile della Società sacerdotale San Pio X, fondata da mons. Lefebvre.
È certamente un’iniziativa straordinaria; nei tempi moderni la Chiesa non ha conosciuto questo genere di interventi, un segno chiaro del grado di confusione e disorientamento percepiti ormai a ogni livello. Giovanni XXII fu l’ultimo papa a ricevere nel 1333 un’ammonizione formale, a cui fece ammenda sul letto di morte. I firmatari rivendicano il diritto-dovere di avanzare una correzione in virtù della legge naturale, della legge di Cristo e della legge della Chiesa. Gli inferiori possono rivendicare di essere governati secondo la legge; Paolo rimproverò Pierto di non agire secondo il Vangelo; e infine il Codice di diritto canonico ammette che i fedeli possano manifestare il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa. In questo periodo “È stato dato scandalo alla Chiesa e al mondo, in materia di fede e di morale, mediante la pubblicazione di Amoris laetitia e mediante altri atti attraverso i quali Vostra Santità ha reso sufficientemente chiari la portata e il fine di questo documento. Di conseguenza, si sono diffusi eresie e altri errori nella Chiesa; mentre alcuni vescovi e cardinali hanno continuato a difendere le verità divinamente rivelate circa il matrimonio, la legge morale e la recezione dei sacramenti, altri hanno negato queste verità e da Vostra Santità non hanno ricevuto un rimprovero ma un favore. Per contro, quei cardinali che hanno presentato i dubia a Vostra Santità, affinché attraverso questo metodo radicato nel tempo la verità del vangelo potesse essere facilmente affermata, non hanno ricevuto una risposta ma il silenzio”.
Come abbiamo detto, il documento è molto lungo e complesso; lo riproduciamo alla fine di queste righe, rimandando comunque a una lettura su www.correctiofilialis.org.
Il punto centrale, che viene espresso in latino nel documento di correzione è il seguente:
“Per mezzo di queste parole, atti e omissioni e per mezzo dei suddetti passaggi del documento Amoris laetitia, Vostra Santità ha sostenuto, in modo diretto o indiretto (con quale e quanta consapevolezza non lo sappiamo né vogliamo giudicarlo), le seguenti proposizioni false ed eretiche, propagate nella Chiesa tanto con il pubblico ufficio quanto con atto privato:
1) “Una persona giustificata non ha la forza con la grazia di Dio di adempiere i comandamenti oggettivi della legge divina, come se alcuni dei comandamenti fossero impossibili da osservare per colui che è giustificato; o come se la grazia di Dio, producendo la giustificazione in un individuo, non producesse invariabilmente e di sua natura la conversione da ogni peccato grave, o che non fosse sufficiente alla conversione da ogni peccato grave”.
2) “I cristiani che hanno ottenuto il divorzio civile dal coniuge con il quale erano validamente sposati e hanno contratto un matrimonio civile con un’altra persona (mentre il coniuge era in vita); i quali vivono more uxorio con il loro partner civile e hanno scelto di rimanere in questo stato con piena consapevolezza della natura della loro azione e con il pieno consenso della volontà di rimanere in questo stato, non sono necessariamente nello stato di peccato mortale, possono ricevere la grazia santificante e crescere nella carità”.
3) “Un cristiano può avere la piena conoscenza di una legge divina e volontariamente può scegliere di violarla in una materia grave, ma non essere in stato di peccato mortale come risultato di quell’azione”.
4) “Una persona, mentre obbedisce alla legge divina, può peccare contro Dio in virtù di quella stessa obbedienza”.
5) “La coscienza può giudicare veramente e correttamente che talvolta gli atti sessuali tra persone che hanno contratto tra loro matrimonio civile, quantunque uno dei due o entrambi siano sacramentalmente sposati con un’altra persona, sono moralmente buoni, richiesti o comandati da Dio”.
6) “I principi morali e le verità morali contenute nella Divina Rivelazione e nella legge naturale non includono proibizioni negative che vietano assolutamente particolari generi di azioni che per il loro oggetto sono sempre gravemente illecite”.
7)  Nostro Signore Gesù Cristo vuole che la Chiesa abbandoni la perenne disciplina di rifiutare l’Eucaristia ai divorziati risposati e di rifiutare l’assoluzione ai divorziati risposati che non manifestano la contrizione per il loro stato di vita e un fermo proposito di emendarsi”.
Letti così, uno dopo l’altro, si tratta di un bel bouquet di problemi, per non dire di più. Sbalordisce – ma solo fino a un certo punto, conoscendo gli attori del dramma Amoris Laetitia – che non ci si sia resi conto in anticipo della gravità di tutto questo. Resta da vedere adesso quale sarà la reazione della Santa Sede. Petizioni e suppliche filiali rivolte al Pontefice regnante, così come i Dubia, sono rimaste inevase. Ma qui ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso qualitativamente; non siamo di fronte a una generica richiesta di intervento da parte dell’autorità, ma dell’accusa all’autorità stessa di provocare, favorire o permettere tesi e comportamenti che possono portare alla perdizione le anime dei fedeli. Ancora un volta tocca osservare che la politica dell’ambiguità, del modificare norme e leggi senza annunciarlo e senza avere il coraggio di affrontare un dibattito sull’argomento, si rivela perdente. E non si può certo accusare i firmatari di avere interessi particolari o smanie di potere nella Chiesa; si tratta di persone che svolgono attività di studio e ricerca, e che certamente – come il passato ha insegnato – possono solamente andare incontro a dei guai, nell’atmosfera opprimente della Chiesa odierna.


Ecco il testo integrale:
Beatissimo Padre,
 Correctio filialis de haeresibus propagatis
16 luglio 2017, Festa della Madonna del Carmine
con profondo dolore, ma mossi dalla fedeltà a Nostro Signore Gesù Cristo, dall’amore alla Chiesa e al papato, e dalla devozione filiale verso di Lei, siamo costretti a rivolgerLe una correzione a causa della propagazione di alcune eresie sviluppatesi per mezzo dell’esortazione apostolica Amoris laetitia e mediante altre parole, atti e omissioni di Vostra Santità.
Ci è consentito fare questa correzione in virtù della legge naturale, della legge di Cristo e della legge della Chiesa, tre cose che Vostra Santità è chiamato dalla divina Provvidenza a proteggere. Dalla legge naturale: poiché come gli inferiori per natura hanno il dovere di obbedire ai loro superiori in tutte le cose previste dalla legge, così essi hanno il diritto di essere governati secondo la legge e pertanto di insistere, qualora ci fosse bisogno, che i loro superiori così governino. Dalla legge di Cristo: poiché il suo Spirito ispirò l’apostolo Paolo di rimproverare Pietro in pubblico quando quest’ultimo non agì secondo la verità del Vangelo (Gal 2). San Tommaso d’Aquino nota che questo rimprovero pubblico di un inferiore al superiore fu lecito in ragione dell’imminente pericolo di scandalo concernente la fede (Summa Theologiae 2a 2ae, 33, 4 ad 2) e la “Glossa di Sant’Agostino” aggiunge che, in quell’occasione, «Pietro stesso diede l’esempio ai superiori di non sdegnare di essere corretti dai sudditi, quando capitasse loro di allontanarsi dalla giusta via» (ibid). Anche la legge della Chiesa ci costringe a ciò, poiché afferma che «i fedeli […]in modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, […] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa» (Codice di Diritto Canonico, can. 212, § 2 e 3; Codice dei Canoni delle Chiese orientali, can. 15, § 3).
È stato dato scandalo alla Chiesa e al mondo, in materia di fede e di morale, mediante la pubblicazione di Amoris laetitia e mediante altri atti attraverso i quali Vostra Santità ha reso sufficientemente chiari la portata e il fine di questo documento. Di conseguenza, si sono diffusi eresie e altri errori nella Chiesa; mentre alcuni vescovi e cardinali hanno continuato a difendere le verità divinamente rivelate circa il matrimonio, la legge morale e la recezione dei sacramenti, altri hanno negato queste verità e da Vostra Santità non hanno ricevuto un rimproveroma un favore. Per contro, quei cardinali che hanno presentato i dubia a Vostra Santità, affinché attraverso questo metodo radicato nel tempo la verità del vangelo potesse essere facilmente affermata, non hanno ricevuto una risposta ma il silenzio.
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Santo Padre, il ministero petrino non Le è stato affidato perché imponga strane dottrine ai fedeli, ma perché Lei, quale servo fedele, custodisca il deposito fino al giorno della venuta del Signore (Lc 12; 1Tm 6). Aderiamo incondizionatamente alla dottrina dell’infallibilità papale come definita dal Concilio Vaticano I e pertanto aderiamo alla spiegazione che lo stesso concilio diede di questo carisma, la quale include la seguente dichiarazione: «[…] ai successori di Pietro è stato promesso lo Spirito Santo non perché per sua rivelazione manifestassero una nuova dottrina, ma perché con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede» (Pastor Aeternus, cap. 4). Per questa ragione, il Suo predecessore, il Beato Pio IX, lodò la dichiarazione collettiva dei vescovi tedeschi, i quali dichiararono che «l’opinione secondo cui il papa è “un sovrano assoluto in ragione della sua infallibilità” è basata su una comprensione completamente falsa del dogma dell’infallibilità papale»
1. Similmente, al Concilio Vaticano II, la Commissione Teologica mise in luce, in riferimento alla Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, che i poteri del Romano Pontefice sono limitati in molti modi2.
Tuttavia, quei cattolici che non afferrano chiaramente i limiti dell’infallibilità papale sono condotti, mediante le parole e le azioni di Vostra Santità,in uno di due erroridisastrosi: o arrivano ad abbracciare le eresie che ora sono propagate o, coscienti che queste dottrine sono contrarie alla Parola di Dio, dubiteranno delle prerogative dei papi o le negheranno. Altri fedeli sono portati a mettere in dubbio la validità della rinuncia del Papa emerito Benedetto XVI. In tal modo, l’ufficio petrino, conferito alla Chiesa da Nostro Signore Gesù Cristo per il bene dell’unità della fede, è strumentalizzato al punto di aprire una strada all’eresia e allo scisma. Di più, notando che le pratiche ora incoraggiate dalle parole e dalle azioni di Vostra Santità sono contrarie non solo alla fede perenne e alla disciplina della Chiesa, ma anche alle dichiarazioni magisteriali dei suoi predecessori, i fedeli riflettono sul fatto che le dichiarazioni di Vostra Santità non possono avere un’autorità maggiore di quella dei papi precedenti; così l’autentico magistero papale soffre di una ferita che potrebbe non rimarginarsi presto.
Noi tuttavia crediamo che Vostra Santità possiede il carisma dell’infallibilità e la giurisdizione universale sui fedeli di Cristo, nel senso definito dalla Chiesa. Nella nostra denunciadiAmoris laetitia edi altri atti, parole e omissioni collegati ad essa, non neghiamo l’esistenza di questo carisma papale o il suo possesso da parte di Vostra Santità, dal momento che né Amoris laetitia né alcuna delle affermazioni che hanno contribuito a propagare le eresie insinuate da questa esortazione sono protette da quella divina garanzia di verità. La nostra correzione è necessitata dalla fedeltà agli insegnamenti papali infallibili che sono incompatibili con alcune dichiarazioni di Vostra Santità.
Come sudditi, non abbiamo il diritto di indirizzare a Vostra Santità quella forma di correzione mediante la quale un superiore minaccia o amministra la punizione a coloro che sono sottomessi a lui (cf. Summa Theologiae 2a 2ae, 33,4). Le rivolgiamo questa correzione, piuttosto, al fine di proteggere i nostri fratelli cattolici – e quelli fuori della Chiesa, dai quali la chiave della conoscenza non deve essere portata via (cf. Lc 11) – sperando di prevenire una diffusione
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